giovedì 4 settembre 2014

PLUSVALENZA IMMOBILIARE: TENTATIVO DI SOLUZIONE TRAMITE RICORSO IN AUTOTUTELA.

IL FATTO
I Clienti arrivano in studio portando con loro un avviso di accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate, il quale accertava:

 "dopo aver effettuato un controllo della posizione fiscale relativa all'anno 2007, considerato che gli stessi risultavano dante causa nell'atto di vendita di terreno non edificabile, rogato dal **********, con il quale è stato venduto al prezzo determinato di € 75.000,00 un terreno sito ********* della complessiva estensione catastale di are 57,33, a corpo e non a misura, e detto appezzamento è tipizzato come “Zona E1 per attività verde agricolo”;
"Il predetto Ufficio rilevava che, sempre nello stesso atto di vendita, la parte venditrice ha dichiarato che quanto venduto gli è pervenuto in virtù di atto di compravendita per notaio ******, in data ***** e che il valore dichiarato è pari ad € 900,00"; 
"l'Ufficio accertatore in considerazione di quanto sopra ha ritenuto che dal raffronto tra il costo d'acquisto del terreno (€ 900,00), rivalutato in base alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo, al netto delle imposte pagate, e il prezzo di vendita (€ 75.000,00) risultante una plusvalenza di € 74.050,27 che, ai sensi dell'art. 67 del DPR 917/86, lett. b), debba considerarsi reddito tassabile ai fini dell'Irpef".
 
Pertanto, con tali avvisi di accertamento, l'Ufficio Controlli dell'Agenzia delle Entrate accertava a carico dei coniugi istanti, per l'anno d'imposta 2007, ai sensi dell'art. 41 bis del DPR 29.09.1973, n°600, un reddito pari ad € 37.025,00 derivante da plusvalenza per cessione di terreno tipizzato come “Zona E1 per attività verde agricolo” assoggettata a tassazione separata all'aliquota media del 23%, inoltre si irrogavano le sanzioni amministrative ivi previste.



A questo punto i clienti raccontano la loro versione dei fatti, la quale si discosta nettamente da quanto accertato dall'Agenzia delle Entrate, così riassunta:
1) la vendita di € 75.000,00 effettuata nel 2007 con l'atto rogato ******, ha compreso tre appezzamenti di terreno, precisamente particella n°******, acquistate la prima nel 2004 e le ultime due nel 1999;
2) il valore dichiarato negli atti di acquisto di € 900,00 riguarda solo la particella acquistata nel 2004, mentre le altre acquistate nel 1999, con diverso rogito notarile, hanno avuto quale prezzo di vendita la somma di € 5.100,00;  
3) l'intero fondo (comprensivo di tutte e tre le particelle), prima della vendita, è stato migliorato, ampliato e volturato da agricolo ad edificabile, interamente recintato con muretti in blocchi e cancello automatico ed effettuate le predisposizioni per passaggi di fognature, acqua ed elettricità e quant'altro, inoltre, era stato effettuati i primi lavori (scavi delle fondamenta) per la costruzione di una villetta residenziale, il tutto interamente documentato da permessi, certificati, progetti e tutte le fatture pagate per i lavori effettuati (all'incirca € 35.0000,00).

Tutto ciò premesso si è passati al vaglio delle pretese dell'ente accertatore con le seguenti considerazioni in diritto.

IN DIRITTO

Cosa è una "plusvalenza" immobiliare?
La plusvalenza è il "guadagno" realizzato da chi, avendo acquistato un immobile ad un determinato valore, lo rivende successivamente per un corrispettivo maggiore, lucrando quindi la differenza.

Quali tipologie di atti comportano "realizzo" di plusvalenza?
Comportano realizzo di plusvalenza gli atti a titolo oneroso, con i quali cioé l'immobile viene ceduto verso un corrispettivo: può trattarsi di una vendita, di una permuta, di un conferimento in società, ed in genere di qualsiasi atto in cui sia presente un corrispettivo dell'alienazione, anche di natura non pecuniaria.
Può trattarsi o della cessione del diritto di proprietà, o anche della costituzione di un diritto reale (es., usufrutto, cessione di volumetria edificabile).
Non comportano quindi realizzo di plusvalenza, ad esempio, la donazione, o il
trasferimento tra coniugi nei procedimenti di separazione e divorzio.

Quali sono le differenti categorie di plusvalenze immobiliari realizzate da soggetti privati?
Occorre distinguere, essenzialmente, tre tipologie di plusvalenze:
1) - le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l'esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici (art. 67, comma 1, lett. a), del d.p.r. n. 917/1986);
2) - le plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni edificabili (secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione) (art. 67, comma 1, lett. b), secondo periodo, del d.p.r. n. 917/1986);
3) - le plusvalenze realizzate - al di fuori dell'ipotesi di lottizzazione - mediante
cessione a titolo oneroso di fabbricati e terreni non edificabili, acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari (art. 67, comma 1, lett. b), primo periodo, del d.p.r. n. 917/1986).
E' importante qualificare preventivamente la plusvalenza realizzata in una delle
suddette tre categorie, in quanto ciascuna di esse è soggetta ad una regolamentazione differente.

Cosa è esattamente una plusvalenza da "lottizzazione" e quali sono le regole applicabili?
L'art. 67, comma 1, lett. a), del d.p.r. n. 917/1986 parla di lottizzazione di terreni, o l'esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici. La norma è stata interpretata nel senso che si richiede - per realizzare la fattispecie in oggetto - il frazionamento di un terreno in una pluralità di lotti, e la necessaria realizzazione di una pluralità di edifici.
L'amministrazione finanziaria ha precisato che costituisce lottizzazione non il mero frazionamento dei terreni, ma qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dal frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale e, conseguentemente, comporti la predisposizione delle opere di urbanizzazione occorrenti per le necessità primarie e secondarie dell'insediamento. Assume rilievo, ai fini della normativa in esame, ogni operazione obiettivamente considerata di lottizzazione o di esecuzione di opere per l'edificabilità di terreni, anche se realizzata al di fuori o in contrasto con i vincoli urbanistici. E, però, attualmente discusso se in ambito tributario la locuzione "lottizzazione di terreni" sia diretta a designare l'espletamento di attività meramente tecniche - consistenti nella proposizione di istanze amministrative ovvero nella stipulazione di convenzioni - (in questo senso, di recente, Cass. 19 maggio 2006 n. 11819); o se, invece, stia ad indicare la realizzazione di attività di tipo sostanziale, tese ad attribuire al fondo quella maggiore idoneità edificatoria che la disciplina fiscale intende colpire.
La plusvalenza da lottizzazione viene quindi realizzata se vengono compiute le seguenti attività: 1) - lottizzazione dell'area, secondo la nozione sopra indicata; 2) - successiva cessione a titolo oneroso dei lotti di terreno oppure dei fabbricati
realizzati nei suddetti lotti.
La plusvalenza da lottizzazione è sempre soggetta a tassazione; in particolare, è soggetta ad Irpef in tutti i seguenti casi: a) - acquisto del terreno a titolo oneroso; b) - acquisto del terreno a titolo gratuito (donazione o successione); c) - anche dopo il decorso dei cinque anni dall'acquisto del terreno o dalla costruzione degli edifici (qualunque sia, quindi, il tempo trascorso da tali eventi); d) - anche se l'edificio venduto è stato adibito ad abitazione principale del cedente.

Vagliando tali considerazioni e mettendole in relazione al caso posto in esame, nessuna via di uscita sembrava essere prospettabile, senonché, come un miraggio in pieno deserto, la nostra Corte di Cassazione apre una speranza al nostro caso. 
In particolare, secondo una sentenza della Cassazione 17595, depositata 23 agosto 2011, si è rilevato che: “deve riconoscersi che, con riferimento all'accertamento delle plusvalenze derivanti da cessione del suolo "L'art. 82, comma 1, nel testo vigente all'epoca dell'atto, stabilisce: "Le plusvalenze di cui all'art. 81, comma 1, lett. a) e b) sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta, al netto dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo". Il comma 2, inoltre, richiama, anche per la diversa ipotesi di terreni acquistati per effetto di successione o donazione, il valore dichiarato o liquidato, "aumentato di ogni altro costo successivo inerente ...". In dottrina, premesso che il prezzo di acquisto od il costo di costruzione deve essere incrementato dei soli "costi inerenti al bene", si precisa che sono a tal fine rilevanti "le spese incrementative". ; 
Peraltro, a conferma della propria tesi, la Cassazione richiama quanto sostenuto in giurisprudenza, secondo cui, per aversi spese incrementative, queste devono determinare un aumento della consistenza economica del bene o incidere sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo; 
Per la Cassazione, dunque, nel calcolo della plusvalenza una spesa può avere importanza solo se incrementativa, risultando del tutto irrilevante in tale ambito le spese che attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene, poiché da esse non deriva alcun aumento della consistenza o del valore all'immobile; 
In presenza di una spesa, quindi, spetta al contribuente l'onere della prova che essa sia incrementativa, ossia che, per i giudici di legittimità, abbia inevitabilmente determinato una maggior consistenza o maggior valore del bene; 
Pertanto, vagliando tali considerazioni in diritto e incorporandole a quanto sino ad ora premesso e precisato in fatto, lo scrivente ha considerato che le determinazioni assunte con gli Avvisi di Accertamento ********, di cui in oggetto, siano da considerarsi illegittime e, pertanto, oggetto di annullamento;

Purtroppo, si premette che i clienti sono arrivati in studio dopo ben due anni dalla notifica dell'accertamento, pertanto, non si era in termini per effettuare alcun ricorso giurisdizionale, unica soluzione possibile è stato predisporre un ricorso in autotutela e pregare di ricevere qualche risposta.

pertanto, veniva predisposto ed inviato il ricorso in autotutela, corredato da tutti i documenti (permessi, fatture ecc..) e si rimaneva in attesa di una risposta da parte dell'ente.
Tempo qualche mese, l'ente chiama e fissa un appuntamento per discutere la questione.
All'appuntamento si discutono i punti in discussione, il dirigente incaricato prende atto dell'esistenza del secondo atto di acquisto e, pertanto promette di rilevarlo nella nuova contabilizzazione dell'accertamento, ma si rifiuta di prendere atto dei lavori e dei miglioramenti posti in essere adducendo come scusante che tale eccezione doveva essere sollevata nei termini di ricorso giurisdizionale o con accertamento con adesione, pertanto, non poteva essere vagliata allo stato attuale.


In conclusione, ci ritroviamo con una mezza vittoria, abbiamo ottenuto uno sconto alquanto cospicuo, ma l'amaro in bocca resta, in quanto, se la questione fosse stata sollevata al tempo della notifica, vi erano tutti i presupposti per porre nel nulla le pretese dell'ente accertatore.

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