"Una persona subisce il furto della borsa mentre si trova all’interno di un negozio d’abbigliamento. Il personale né chiude le porte, né chiama i carabinieri, né risarcisce il cliente. La borsa era stata appoggiata su un tavolo, con il consenso dell’addetto alle vendite che faceva misurare al cliente un capo d’abbigliamento. Il cliente non era nel camerino al momento del furto, essendo sempre rimasto nei pressi della borsa. Quest’ultima è sparita mentre il cliente stava provando l’indumento da acquistare."
Si domanda se possa chiedersi al titolare di un negozio di abbigliamento il risarcimento del danno per il furto avvenuto nel suo esercizio a danno di un cliente che aveva affidato un suo oggetto personale all’addetto alle vendite. L’ipotesi descritta può essere astrattamente ricollegata al deposito in albergo, oppure al deposito regolare.
Quanto alla prima ipotesi, è necessario valutare se un negozio possa essere qualificato “albergo” ai sensi degli artt. 1783 e seguenti c.c. Se al quesito si può dare una risposta affermativa, il cliente avrà a disposizione una più favorevole disciplina, in quanto non sarà gravato dall’onere di provare a stipulazione di un contratto di deposito, essendo invece sufficiente il fatto di avere con sé l’oggetto quando era entrato nel negozio. In questo caso, infatti, la legge pone notoriamente a carico del gestore l’obbligo di risarcire il danno, con un’inversione dell’onere della prova.
Soltanto alcune pronunce minoritarie, e di merito, da parte della giurisprudenza, riconducono questa situazione al deposito in albergo, esonerando comunque il gestore da ogni responsabilità. Si è disposto, infatti, che “il gestore di un negozio di abbigliamento non è responsabile del furto di una pelliccia introdotta dal cliente nel negozio e da questi negligentemente lasciata appoggiata all’attaccapanni di una cabina di prova se risulti accertato che il derubato non si è trovato nell’impossibilità di provvedere alla custodia dell’indumento” (App. Bologna, 13 aprile 1994).
La giurisprudenza maggioritaria, invece, richiede la stipulazione di un contratto di deposito, da provarsi da parte del cliente ex art. 2697 c.c., senza la quale il gestore del negozio è esente da qualsivoglia responsabilità. Pertanto, è necessario che la borsa sia stata consegnata materialmente al commesso, in quanto il deposito è un contratto reale ai sensi dell’art. 1766 c.c.: “il deposito è il contratto con il quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura”.
Quanto alla prima ipotesi, è necessario valutare se un negozio possa essere qualificato “albergo” ai sensi degli artt. 1783 e seguenti c.c. Se al quesito si può dare una risposta affermativa, il cliente avrà a disposizione una più favorevole disciplina, in quanto non sarà gravato dall’onere di provare a stipulazione di un contratto di deposito, essendo invece sufficiente il fatto di avere con sé l’oggetto quando era entrato nel negozio. In questo caso, infatti, la legge pone notoriamente a carico del gestore l’obbligo di risarcire il danno, con un’inversione dell’onere della prova.
Soltanto alcune pronunce minoritarie, e di merito, da parte della giurisprudenza, riconducono questa situazione al deposito in albergo, esonerando comunque il gestore da ogni responsabilità. Si è disposto, infatti, che “il gestore di un negozio di abbigliamento non è responsabile del furto di una pelliccia introdotta dal cliente nel negozio e da questi negligentemente lasciata appoggiata all’attaccapanni di una cabina di prova se risulti accertato che il derubato non si è trovato nell’impossibilità di provvedere alla custodia dell’indumento” (App. Bologna, 13 aprile 1994).
La giurisprudenza maggioritaria, invece, richiede la stipulazione di un contratto di deposito, da provarsi da parte del cliente ex art. 2697 c.c., senza la quale il gestore del negozio è esente da qualsivoglia responsabilità. Pertanto, è necessario che la borsa sia stata consegnata materialmente al commesso, in quanto il deposito è un contratto reale ai sensi dell’art. 1766 c.c.: “il deposito è il contratto con il quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura”.
Se si prova a stipulazione del contratto, il gestore sarà senz’altro tenuto a risarcire il danno, se non prova di essere esente da responsabilità del depositario.
La giurisprudenza ha riconosciuto diverse ipotesi di stipulazione del contratto di deposito in situazioni non dissimili da quella descritta. Si è, per esempio, disposto che “affinché sussista affidamento in custodia non è necessaria la materiale apprensione del bene, ma è sufficiente che esso sia posto nella autonoma sfera di controllo dell’affidatario, che, per tale solo fatto, assume l’obbligo giuridico di provvedere alla custodia (nella specie, in forza di tale principio, è stato dichiarato responsabile dei danni conseguenti al furto di un’auto parcheggiata all’esterno di un’officina, il titolare dell’officina stessa, al quale l’auto era stata affidata per provvedere a talune riparazioni)” (Trib. Roma, 20 febbraio 1998).
Lo stesso principio è stato affermato in un caso parzialmente diverso, in cui si è disposto che “un istituto di vigilanza notturna, che abbia assunto con il cliente il solo obbligo di far transitare i vigili propri dipendenti dinanzi al negozio senza essere vincolato al rispetto di orari o di particolari frequenze e per un canone irrisorio (nella specie 10.000 lire mensili), non può essere ritenuto responsabile per il furto avvenuto nel locale soggetto a sorveglianza qualora le modalità con le quali fu commesso il reato escludano una grave negligenza da parte di vigili dipendenti dell’istituto” (App. Roma, 16 gennaio 1991, in Giur. merito, 1992, 1129).
Al contrario, se non c’è la consegna, o la messa a disposizione materiale, non c’è contratto e, quindi, neanche responsabilità. Infatti, “il gestore di una bottega di abbigliamento non può essere chiamato a rispondere ex recepto del furto d’una borsetta lasciata imprudentemente nel camerino di prova da una cliente che se ne era liberata per indossare una gonna e aveva dimenticato di riprenderla uscendo dal camerino” (Giudice di pace di Catania, 28 aprile 1999, in Giur. merito,1999, 701).
Se invece il contratto esiste, sarà il depositario che deve dimostrare di essere esente da colpa. Così “il depositario, al fine di evitare di incorrere in responsabilità per il furto, è tenuto, in base ai principi che regolano la ripartizione dell’onere probatorio in tema di inadempimento contrattuale, a dare la prova di aver posto in essere tutte le attività protettive richieste in base all’ordinaria diligenza, ivi compreso lo sforzo particolare richiesto per soddisfare l’interesse creditorio richiesto dalle circostanze concrete del caso di cui esso sia o debba essere avvertito, con valutazione rimessa al giudice del merito” (Cass., 12089/2007, in Giust. civ. Mass., 2007, 7-8 e in Giust. civ., 2008, 5, 1237). La responsabilità del depositario è limitata soltanto nel caso in cui dimostri di aver posto in essere tutte le misure idonee a evitare il danno.
In conclusione, il cliente che affida la propria borsa a un commesso di un negozio può chiedere il risarcimento al gestore del negozio, in quanto non ha custodito diligentemente l’oggetto che gli è stato affidato, salvo che questo provi di aver adottato tutte le misure per evitare il furto. È però necessario provare la stipulazione del contratto di deposito e l’onere della prova incombe al cliente.
si potrebbe configurare a carico del negoziante una responsabilità contrattuale per inadempimento di obbligazione derivante da contatto sociale?
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